venerdì 13 febbraio 2015

una storia sbagliata, una storia di rabbia.

Sono passati tre mesi, e non riesci a fartene una ragione. Ti guardo impotente.
Un settimana prima ne parlavamo insieme, ricordi?
Dicevi che ti eri decisa, che era successo, che dopo tante avventure con le donne, avevi scelto lui, un uomo. Quello che non avevi cercato, ma che t'aveva trovata, che ti faceva ridere, che era come te, che era fottutamente intelligente, che beveva come te, fumava come te, cantava, ballava come te.
Eri felice, eri serena e noi senza dirlo pensavamo: finalmente, dopo tanti casini, ora è tranquilla.
Ma il destino è beffardo e la sorte è puttana. Era invidiosa e non voleva vedervi felici insieme, così ha deciso di prenderselo, su un'autostrada, a tradimento. E siccome è ingorda, ha badato bene a prendersi anche la madre, così da poter cancellare ogni traccia di quel gen(i)accio.
Tutte abbiamo temuto per te, ho provato a cercarti, sei scomparsa.
Ti avevano strappato la tua tara di equilibrio, ti saresti fatta del male. E così fu.
Ti videro tra le stradine buie di San Lollo in preda all'alcool, e a chissà quale altra sostanza merda. Piangevi il suo nome, e bestemmiavi le madonne puttane e bugiarde, che vendono felicità.
Eravamo tutte preoccupate, lo siamo.
Sono mesi difficili, ti sei persa, hai mollato tutto, ma hai le tue ottime ragioni. Noi siamo con te, ad appoggiare i tuoi giorni disorientati, le tue sbronze e i tuoi vaffanculo, perché è una cosa troppo grande, più grande di noi e pesa così tanto da voler scrollare le spalle in corsa, e farla cadere senza fatica.
Ora parli alla luna di San Lollo, che ormai ha il suo nome: un dialogo fatto di estremi, incomprensibile ai molti, palesemente chiaro a voi due. Tu chiedi, lui risponde.
Dopo la sua morte La Sapienza ha deciso di attribuirgli ugualmente il PhD, alla quale stava lavorando. A lui, a quel trentenne che s'era spaccato la schiena da Leroy Merlin per quel dottorato di ricerca. Magra consolazione, vero. Ma lì c'era la sua fatica e non sarebbe stata una morte schifosa a mandare tutto al vento.
Sono passati tre mesi e oggi, Ila, hai scritto una cosa bellissima.
So cosa vuol dire perdere una parte della tua vita, della tua anima. Ma non so cosa voglia dire perdere LA persona, proprio nel momento in cui avevi deciso di amarla, di sentirla accanto, se non per sempre, per quel tempo che è tuo.
Penso a te e piango il tuo dolore, piango la sua vita viva.
Come scrivi sempre tu: "ciao dà".