Non ero
ancora nata, che gran sfortuna, verrebbe da dire. Gli anni d’oro del Comunismo
in Italia. Enrico Berlinguer.
La prima cosa alla quale si pensa, parlando
del leader del PC italiano, sono i suoi funerali.
Una San
Giovanni anomala, ingigantita esponenzialmente dalla folla che trabocca, quasi
ad invadere interi municipi.
Studio il marasma di gente, i singoli volti: quella folla ha perso un padre; le madri, il proprio figlio; un Pertini addolorato, accasciato sulla bara, in un’intima confessione, tra milioni di persone.
Studio il marasma di gente, i singoli volti: quella folla ha perso un padre; le madri, il proprio figlio; un Pertini addolorato, accasciato sulla bara, in un’intima confessione, tra milioni di persone.
Da dove proviene
questo dolore così viscerale, per qualcuno che in fondo è estraneo ai propri
geni?
La storia raccontata
non basta a spiegare il pathos.
Allora riguardo le
immagini dei discorsi, le sue apparizioni istituzionali, le pellicole, forse
qualche tassello tornerà al suo posto.
Berlinguer,
il limpido che non esiste. Padre di un partito italiano, fiore all’occhiello europeo.
La sobrietà
e l’estrema calma di un uomo in lotta. Il tono della voce tiepido di fronte ad
una platea ostile come quella del Cremlino. Un uomo poco incline all’incudine.
Solo, a sfidare una nazione.
L’intelligenza
di carpire la criticità storicamente viva e l’azzardo misurato del compromesso
storico: aprire la strada al rinnovamento dei partiti, il disegno delle larghe
intese come unica scelta possibile.
L’estremo
ritegno di fronte ai fischi facili, le difficoltà di un gracile Davide contro
un Golia certo.
Non si
arrende Berlinguer, e lo fa per la convinzione nella linea politica e per quel
profondo rispetto in chi crede in un ideale.Va avanti.
Durante il
suo ultimo discorso a Padova, Berlinguer si aggrappa ad una dignitosa forza di
volontà. Sfinito e stremato, tenta di coinvolgere i lavoratori venuti ad
ascoltarlo.
Mette e
toglie gli occhiali varie volte: l’esser fedele a un pensiero trascritto e allo
stesso tempo guardare negli occhi la classe operaia. Le parole faticano a
pronunciarsi, il corpo è stanco. A stento prosegue, al punto che la folla
comincia a urlare con affetto preoccupato: basta Enrico.
Invano.
Non può fermarsi, sta incitando le persone all’impegno politico concreto, non può cedere alla sconfitta, finanche fisica.
Invano.
Non può fermarsi, sta incitando le persone all’impegno politico concreto, non può cedere alla sconfitta, finanche fisica.
Quello sarà
il suo ultimo intervento, nel pomeriggio Enrico Berlinguer entrerà in coma. Irreversibile.
L’11 giugno 1984
la prima pagina dell’Unità griderà “è morto”. Inutili le precisazioni, il
soggetto è talmente ingombrante da esser sottinteso.
La salma
lascerà la città di Padova sotto una pioggia incessante e un applauso educato
della folla.
A Roma, ad attenderlo, un sole primario in una città rossa. Lo spaccato del popolo italiano è tutto lì. Anche i non comunisti verranno a render omaggio all’uomo “dalla limpidezza morale immensa”.
A Roma, ad attenderlo, un sole primario in una città rossa. Lo spaccato del popolo italiano è tutto lì. Anche i non comunisti verranno a render omaggio all’uomo “dalla limpidezza morale immensa”.
La lunga
processione silenziosa di pugni chiusi, alzati, a salutare chi a viso aperto ha saputo portare avanti un’ideologia politica universale, fatta propria.
Ai tanti verrà chiesto il perché di un così dolore: "lui le cose le faceva capi’, era chiaro e lignare pure pe’ mme che sto ar mercato", era una guida, era un compagno.
Ai tanti verrà chiesto il perché di un così dolore: "lui le cose le faceva capi’, era chiaro e lignare pure pe’ mme che sto ar mercato", era una guida, era un compagno.
Ma soprattutto era felice. Temeva di esser tacciato di
tristezza, lui ci teneva a dire che sì era riservato, ma non triste.
Io non so cosa vuol dire provare una venerazione così forte
per un ideale, per un leader, io non so neanche cos’è un leader. Tutto ciò mi
sconvolge. E mi coinvolge. A tal punto da provare profonda invidia per il “noi
credevamo”. Perché sì, basta domandare un po’ in giro per capire che le cose
son cambiate, ma non si sono evolute. Ed io avrei tanto voluto conoscere quella
porcellana sassarese, quel vetro di Alghero, raccontato da Benigni.
Avrei tanto voluto vivere Enrico Berlinguer.
Avrei tanto voluto vivere Enrico Berlinguer.
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